Novembre Frossasco
Emigrazione

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Il Museo dell’Emigrazione dei Piemontesi nel Mondo dal 2006, anno della sua creazione, è ospitato nella sede appositamente adibita con il concorso del Comune di Frossasco, dell’Associazione dei Piemontesi nel Mondo, della Regione Piemonte, nonché con il sostegno di diversi Enti pubblici e privati.

Punto di partenza e stessa ragion d’essere di questo Museo, è la storia della migrazione delle centinaia e centinaia di migliaia di cittadini che lasciarono la terra piemontese per cercare altrove il proprio futuro.

Quest’anno si compiono trent’anni del gemellaggio tra Frossasco ed il comune di Piamonte, in provincia di Santa Fe, Argentina.

Sono stata invitata a partecipare a questa manifestazione, che si svolgerà il giorno 10 di Novembre, e per l’occasione ho scelto cinque brani emblematici del repertorio musicale argentino.

Per introdurre le persone all’ascolto, qui qualche breve spunto.

La Cumparsita

Ai tempi dell’immigrazione, in Argentina circolavano tre lingue : lo spagnolo, l’italiano e il “cocoliche”. Il cocoliche era un insieme delle altre due lingue e ancora oggi forma parte di una tradizione che si tramanda di generazione in generazione. Il nome del tango La Cumparsita deriva da un errore ortografico apparso nelle pubblicità e che riguardavano gli annunci del festeggiamento del Carnevale a Montevideo. Il termine italiano corretto sarebbe stato “comparsa”.

Il suo compositore fu uno studente di architettura di nome Gerardo Matos Rodriguez che, aiutato da sua sorella in quanto non leggeva la musica, avrebbe manifestato di aver sentito in sogno le prime quattro note iniziali del Tango, durante un periodo di convalescenza, febbre e allucinazioni.

Non nasce come tango canción; le parole gli vengono aggiunte successivamente.

Per tanti professionisti, tra cui Piazzolla, non aveva grande valore dal punto di vista musicale, e forse deva anche a questo suo carattere semplice ed orecchiabile, il merito di essere diventato uno dei tanghi più conosciuti al mondo.

Caminito

Scritto nel 1926. Autori: Juan de Dios Filiberto / Peñaloza.

La prima cosa curiosa è che il nome del tango è stato ispirato a due sentieri (dos caminitos) diversi.

Il testo, che precede la musica, evocava il Caminito de Olta, che si trova ne la provincia de La Rioja, e la musica una via del quartiere di La Boca, famosissimo a Buenos Aires, di grande impronta italiana, in maggior percentuale ligure.

E’ stata incisa anche da Gardel ma è stato Corsini, altro noto cantante di quei tempi, a renderlo famoso.

Caminito è un Tango ispirato ad una storia vera: due giovani ventenni divisi dalla famiglia di lei, una ragazza di nome Maria che faceva l’insegnante di musica. L’autore aveva legato  la sua vita a quel paesino, luogo di nascita di sua madre, a quel sentiero e a quell’amore.

Milonga sentimental

Nota anche come la prima milonga “ballabile”.

Scritta nel 1931, da Homero Manzi e Sebastian Piana, ritenuti tra i migliori compositori ed i più colti che abbia avuto il Tango.

Ha un carattere ironico ma parla anche lei di un amore non corrisposto “devo essere abbastanza uomo per desiderarti il bene e per perdonarti” e durante l’ultima strofa, un concetto forte e rappresentativo della mentalità maschile e virile dell’epoca: per un uomo è più facile affrontare in un duelo la morte, che spezzare i lacci di un grande amore nel cuore.

Caseron de tejas

Scritta nel 1941, autori: Sebastian Piana/ Catulo Castillo.

Castillo compone il suo primo tango all’età di 17 anni. Si trasferisce il Europa nel 1926, e 4 anni dopo diventa direttore del Conservatorio Manuel de Falla.

E’ stato giornalista, letrista, poeta. In tempi di dittatura venne censurato nonostante fosse stato il primo a portare il tango al teatro Colon di Buenos Aires.

Il vals descrive nostalgicamente vissuti d’infanzia, dove il mondo e la vita venivano raccontati dai nonni, in un quartiere famoso di Buenos Aires, Belgrano.

Volver

Scritto nel 1934, autori: Carlos Gardel/ Alfredo Le Pera.

“Io indovino le scintille delle luci che van segnando il mio ritorno da lontano. Sono le stesse che sfioravano con dei pallidi riflessi le mie ore di dolore più profonde. Non volevo tornare ma al primo amore si ritorna sempre. Ah! Ritornare a casa con la fronte appassita e la neve del tempo impressa nelle tempie! Sentire la vita come un soffio e sapere che vent’anni sono niente, pur con la febbre negli occhi. Errante nell’ombra io pronuncio ancora il tuo nome e ti cerco. Questa è la vita quando hai l’anima aggrappata a un ricordo e ad un pianto che non cessano mai”.